ANDREA ORLANDO SPIEGA PERCHÉ È IMPORTANTE DIALOGARE CON BERLUSCONI

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Vicesegretario Andrea Orlando, lei è uno di quelli che più auspica il dialogo con Forza Italia. Diciamo le cose come stanno: l’obiettivo è un ingresso di Berlusconi in maggioranza?

No, non è così. Noi non abbiamo rivolto un appello a Forza Italia, ma a tutte le opposizioni a collaborare. Appello che raccoglie l’invito del capo dello Stato e ed è imposto dalle drammatiche condizioni del paese. Questa semplice chiamata alla collaborazione ha fatto esplodere una contraddizione evidente nel centrodestra, su due questioni cruciali: pandemia e Europa. 

Proviamo ad andare nel concreto. Siccome è evidente che con Salvini vi mandate al diavolo quotidianamente, lei si aspetta che Berlusconi si sieda al tavolo e, come dite voi, collabori a prescindere da Salvini? Cioè: Conte invita tutti, poi ne arriva uno solo. È così?

Non chiedo nessuna liturgia e nessuna rottura formale. È un bene per il Paese che ci sia una parte dell’opposizione che collabora e non si sottrae a una responsabilità nazionale. Una parte dell’opposizione questa responsabilità ce l’ha anche piuttosto forte e non posso che apprezzarlo, tanto più di fronte a forze politiche che prendono le parti di chi in Europa blocca l’approvazione del Recovery. Veda, in Italia fa titolo ciò che in Europa è la norma. E cioè che di fronte alla pandemia l’opposizione collabora con la maggioranza. 

Su ciò che è normale in Italia ci torniamo. Ma mi faccia ancora capire questa storia: per collaborare bisogna essere in due, e si deve concedere qualcosa. Ad esempio, voi siete disponibili a dare a Forza Italia un relatore sulla manovra?

Non nascondiamoci che anche nella maggioranza ci sono accentuazioni diverse, diffidenze comprensibili, ostilità più o meno nascoste. Nessuno si nasconde la difficoltà di questa interlocuzione. Noi siamo per realizzarla nella forma quanto più intensa possibile di cooperazione parlamentare, senza confondere opposizione e maggioranza. 

Immagino che chiediate all’opposizione di votare lo scostamento di bilancio. Siete disposti a recepire alcune proposte del centrodestra, cosa che finora non è mai avvenuta?

Mi pare che chi non vota lo scostamento di bilancio abbia scelto la linea del “tanto peggio tanto meglio”. Dire che le risorse non sono abbastanza e poi votare contro è pura malafede. Se verranno delle proposte che escono dalla propaganda le valuteremo. 

Torniamo alla questione di quel che fa titolo in Italia. Per trent’anni avete denunciato il conflitto di interesse. Oggi gli fate una norma “salva-Mediaset” affinché venga al tavolo della maggioranza. 

Guardi, io che credo di essere stato in prima linea nel proporre un dialogo e nel salutare positivamente la posizione di Forza Italia ho espresso perplessità proprio rispetto alla tempistica con cui si introduceva questa norma e sulla sua opportunità. La risposta è stata che questa norma era sollecitata dal ministero dello Sviluppo economico per tutelare un asset strategico per il Paese a fronte di possibili ed imminenti aggressioni. 

Ma dove la vede l’aggressione di Mediaset? È una norma che ribalta una sentenza della Corte europea e crea un caso diplomatico in commissione europea. Scusi, ma secondo il governo l’italianità si difende così e mettendo a rischio quella rete unica che è un’opportunità di modernizzazione di tutto paese, Mediaset compresa?

La norma colma, e soltanto temporaneamente, un vuoto normativo. Abbiamo preso atto di questa valutazione di Patuanelli e delle esigenze che pone. La sua assunzione di responsabilità in una pubblica dichiarazione ha fatto giustizia di molte ricostruzioni dietrologiche che si erano scatenate. Dopodiché valutiamo sgombrato il campo da queste ultime se questa è la modalità migliore di intervento. 

Lei è il vicesegretario del Pd, non uno qualunque. Se è contrario, significa che pone un problema politico e dunque la norma va ridiscussa in vista del passaggio parlamentare alla Camera?

Io non sono contrario. Mi chiedo però se questo sia il modo più efficace di intervenire alla luce delle osservazioni e delle criticità emerse. Valutiamolo insieme. 

Però Orlando, mi consenta. Tutto questo racconta di una difficoltà del governo. In questa situazione drammatica la risposta è sommare debolezza del governo a debolezza di Berlusconi?

Io non vedo un nesso tra la ricerca del dialogo e una debolezza del governo. Anzi è più segno di debolezza non ricercarlo. Le difficoltà sono oggettive, con una seconda ondata imprevedibile con questa forza che ha creato uno spiazzamento in tutta Europa. Alla quale siamo arrivati meno preparati del necessario. Se però la curva oggi frena è perché sono successe molte cose. Dispositivi reperibili, terapie intensive aumentate, significativo numero dei tamponi. Insomma, dire che si è stati fermi non è giusto. Teniamo conto che fino a poco più di un mese fa la tensione con molte regioni era sull’esigenza di aprire di più. 

Oltre all’allargamento della maggioranza, mi pare che sia squadernato anche il tema del rimpasto, del riassetto della squadra di governo, lo chiami come vuole. Lo ha posto un autorevole esponente del Pd come Bettini. È realistico un rimpasto nel pieno di una pandemia? 

In questo momento, nell’affrontare l’emergenza, il tema è aggiornare un programma le cui priorità sono cambiate rispetto a un anno fa. E questo mi pare un passaggio necessario, a prescindere dalla valutazione sul governo e dalla necessità di toccare il suo assetto. Mi pare evidente che la pandemia ha mutato radicalmente agenda. Con chi realizzare la nuova agenda viene dopo. 

Dunque, non lo esclude. Ma mi perdoni: è un anno che parlate della necessità di una “svolta”, di un nuovo programma, poi non se ne fa niente e vi trovate sempre a rincorrere l’emergenza.

Non si tratta di promuovere delle svolte, siamo di fronte all’esigenza di aprire una fase nuova, in un’Italia dove il Covid l’ha aperta oggettivamente. Sto parlando di un progetto politico, non politicistico, che faccia i conti con il paese per come si sta ridisegnando in questa pandemia, con le sue nuove diseguaglianze, i nuovi squilibri, le nuove ansie della società. Dopo la fase dei ristori è necessario indicare ciò che va aiutato a cambiare. Prendiamo il commercio, non tornerà quello che era occorrerà una politica industriale per accompagnare questa riconversione. 

Bene, ma prima ancora di tutto questo non servirebbe un discorso di verità al paese come quello che ha fatto la Merkel? O tutto si può ridurre a questo approccio da presidi zelante per cui “questo si può fare”, “questo non si può fare”, “il cenone sì”, il nonno però non si abbraccia, i regali forse? Un discorso di verità e di visione.

Adesso siamo di fronte a uno sforzo enorme per abbassare la curva, ma certo non ci possiamo consolare con questo e dopo questo passaggio andrà fatta una ricognizione seria di tutte le fragilità che il Covid lascia sul campo indicando soluzioni e facendo appunto un discorso di verità. La situazione imporrà cambiamenti profondi e non tutti indolori. Nel frattempo, a proposito del Natale, consiglierei di sottrarsi all’idea che in qualche modo le difficoltà politiche possano essere affrontare con un sovrappiù di fantasia comunicativa. 

Lei è stato tra i più critici verso le Regioni, e non ha torto. Però noi non siamo uno Stato federale. E, in piena pandemia, il governo ha la responsabilità del controllo, del coordinamento e dell’azione, se ci sono ritardi delle Regioni. Non pensa che i sia troppa timidezza, in questa estenuante mediazione?

Penso che stia emergendo con forza quel che dissi durante la prima ondata prendendo un giro di schiaffi dagli avversari ma anche da molti compagni di partito. Di fronte a un nemico che aggredisce in modo simultaneo venti risposte su tutto il territorio nazionale sono un punto di debolezza, non di forza. 

E quindi? 

Questo chiama in causa il titolo V che va ripensato, ma chiama in causa un rafforzamento del ruolo di coordinamento del governo centrale. Non c’è stato solo un problema di competenze ma un problema di esercizio di competenza. E se io insisto sull’esigenza di prendere il Mes è perché esso è uno strumento finanziario in grado di guidare una armonizzazione di modelli. 

Neanche glielo avevo chiesto il Mes, perché lo do per perso, ormai. A proposito di programma. Sbaglio?

A me importa sino ad un certo punto che sia il Mes lo strumento. 

Se non è il Mes si dica quale è.

L’importante è che ci sia una leva finanziaria per riformare la sanità. E intanto trovo assurdo che si lascino li risorse inutilizzate. Il Mes può essere riformato e al contempo utilizzato come strumento immediato.

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