LA RIVOLUZIONE DI FONSECA

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Trecentosessantacinque giorni di Paulo Fonseca a Trigoria: l’11 giugno 2019, il portoghese si siede ufficialmente sulla panchina giallorossa. Quella che secondo qualcuno era una scelta azzardata si è invece rivelata una carta importante nelle dinamiche della stagione giallorossa. Un anno partito un po’ in sordina, con il 3-3 casalingo contro il Genoa e un altro pareggio nel derby, quando la Lazio prende tre pali e una traversa. Fonseca si butta a capofitto nel progetto, migliora giorno dopo giorno con la nuova lingua e cesella un 4-2-3-1 che sembra essere il vestito migliore per questa squadra sin dai tempi di Luciano Spalletti.

Il nuovo allenatore sa prendere cose dal passato (seppur non il più immediato) e implementarle con le idee personali. Qualche tifoso aveva storto il naso visto che nel curriculum i risultati migliori sono arrivati con lo Shakhtar Donetsk, ma proprio in Ucraina Fonseca si è aggiornato, vedendo da vicino il lavoro di Mircea Lucescu e mettendoci qualcosa di suo. E, se non fosse stato per il salvataggio sulla linea di Bruno Peres a Donetsk, avrebbe interrotto la corsa della Roma nella Champions League 2017-18 ben prima della semifinale. 
È dunque un uomo abituato a lavorare con il materiale che ha a disposizione, senza rinunciare a un’idea di gioco molto moderna. Fatta di trame centrali a metà campo che all’improvviso cercano l’esterno grazie alla potenza di Kolarov, ai tempi di gioco di Kluivert e alla classe di Zaniolo. Indispensabili diventano dunque l’intelligenza calcistica di Pellegrini e la visione di Veretout. Se poi Fonseca ritrova il miglior Cristante, utilissimo jolly di centrocampo, tanto meglio per la Roma.

Manca qualche pezzo e lo sguardo si rivolge a Pastore, fino ad oggi una scommessa persa. Il Flaco poteva essere un elemento importante del 4-2-3-1 ma anche in questa stagione ha visto più l’infermeria del campo. Destino comune a molti giocatori, soprattutto a centrocampo. A turno, si fanno male Diawara, Pellegrini, Cristante, Mkhitaryan, Perotti, Zaniolo, Kluivert e Ünder, praticamente tutti tranne Veretout. Al punto che Fonseca in autunno deve schierare Mancini in mediana per sopperire alle assenze. Esperimento riuscito, ma utile solo in piena emergenza. Nonostante gli infortuni, la sua Roma comincia a subire di meno, anche per la crescita di un perno come Chris Smalling e la sicurezza infusa da Pau Lopez. Sulle fasce, Kolarov comincia a sentire gli acciacchi dell’età ma resta un punto fermo della retroguardia, mentre a destra l’uscita di Florenzi è rimpiazzata dal ritorno di Bruno Peres, calciatore che sotto la gestione del portoghese potrebbe ritrovare certezze perdute. Aggiunto che avanti non si discute la leadership di Dzeko, dopo lo stop per il coronavirus e con la rosa al completo (per il rush finale c’è anche Zaniolo, quasi recuperato dall’infortunio al ginocchio), la Roma può riscattare un brutto 2020 che tuttavia non le ha compromesso i sogni di Champions.

Certo, l’Atalanta potenzialmente è a +6 ma un calcio a mille all’ora come quello di Gasperini potrebbe necessitare di qualche settimana di rodaggio. Chi potrebbe partire subito forte, invece, è proprio Fonseca: il calendario, almeno fino alla 33esima contro il Verona, non è proibitivo. Più difficile, invece, la strada dell’Europa League, che passerà dal Siviglia dell’ex Monchi negli ottavi di finale. Ma le competizioni continentali continuano a essere coperte da un alone di mistero: ancora non è ufficiale se e quando riprenderanno. Meglio dunque concentrarsi sulle cose certe, a partire dall’impegno casalingo contro la Sampdoria di un altro ex, stavolta più amato, come Claudio Ranieri.

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