Nesli: “Non farò più dischi, ma non lascio la musica”
L’artista pubblica il quarto “Nesliving”: “È il mio testamento, farò l’autore”

C’è stato un periodo storico in cui Nesli era più arrabbiato, rancoroso e proiettato in una corsa folle per raggiungere traguardi che, nella musica, quasi per tutti non sembrano in realtà arrivare mai, spostandosi sempre un po’ più avanti. Oggi Francesco Tarducci, superata la soglia dei quarant’anni, ha un atteggiamento quasi zen nei confronti dell’industria e del suo lavoro. Lucido e pacato, consapevole di quello che ha fatto e di quello che farà. “Nesliving vol. 4 – il seme cattivo”, il suo nuovo progetto, è ascoltabile dal 10 marzo.
“È l’ultimo disco che farò – racconta Nesli – ho rispolverato una saga, quella dei mixtape Nesliving, che mi ha portato tanta fortuna, proprio per chiudere nel segno della libertà il mio percorso da cantante. Non chiuderò con la musica, continuerò a fare l’autore, il lavoro che in questo momento mi appaga di più. Non è un ripiego. Io, nella mia carriera, credo di aver fatto tanto: sono stato primo in classifica (con “Nesliving vol.3” del 2012), ho partecipato al Festival di Sanremo tre volte (in gara nel 2015 e nel 2017; come ospite nel 2021 con Fasma), ho fatto tanti tour e ho vissuto davvero da artista. L’idea di tentare di ripetere tutto questo in un mondo in cui i cicli sono più rapidi e in un periodo a cui io non riesco stare dietro, non mi interessa. Io mi muovo goffamente in questo mercato sclerotico”.
A rimanere, per Nesli, saranno le canzoni. “La musica che ho scritto mica scompare, rimane lì. Viaggia ancora. Vedere Lazza ed Emma Marrone cantare ‘La fine’ all’ultima edizione del Festival di Sanremo mi ha fatto proprio pensare a questo – continua l’artista – le canzoni resteranno indipendentemente da me. Questo ultimo mixtape è una sorta di testamento musicale realizzato con Davide Shorty, Zoelle, Maruego, Jack The Smoker, Hanami e Raige, persone e artisti con cui condivido tanto. Sono 22 canzoni per 80 minuti di musica. Cosa mai potrei dire di più? Dentro c’è tutto me stesso”.
Ma come si fa, a quarant’anni, a decidere di smettere? E se dovesse riaccendersi la fiamma che conduce a calcare un palco? “Il Francesco di cinque anni fa avrebbe mandato affanculo il Francesco di oggi – sorride – ma la verità è che oggi realizzare un album è una grandissima rottura di cazzo, se sei nella fascia media. Il Covid ha accentuato le divisioni, creando definitivamente due categorie: i big e gli emergenti. A quelli che stanno in mezzo si chiedono sforzi e aggiornamenti che non sono in linea con la crescita degli spazi. Mi spiego: a questo continuo produrre musica, sempre in modo diverso tra l’altro, è corrisposto un aumento del numero di locali per suonare? No. Ci sono più radio che passano pezzi? No. Ci sono più spazi in tv? No. La gara è diventata sempre più serrata, difficile e partecipata, ma il campo da gioco è grande uguale. Io non voglio andare in affanno per dimostrare di esistere continuamente, non voglio partecipare a corse tossiche, non mi interessa più l’ego. Per questo scelgo di fare l’autore”.